CARTELLA ESATTORIALE NOTIFICATA A SOCIETÀ' ESTINTA

La Corte di Cassazione, con la sentenza 22863 del 2011, depositata ieri, ha affrontato esplicitamente la complessa problematica relativa alla sorte dei debiti tributari in presenza di una società cancellata dal Registro delle imprese.
Il principio, ormai noto, è il seguente: l’art. 2495 c.c. stabilisce che la cancellazione della società dal Registro delle imprese è condizione sia necessaria sia sufficiente per la sua estinzione, quindi non ha rilievo il fatto che, nel momento della cancellazione, fossero pendenti rapporti giuridici, anche di natura fiscale.
Nel caso di specie, la cartella di pagamento è stata emessa nei confronti della società cancellata dal Registro imprese e, a sua volta, il ricorso in Commissione tributaria è stato proposto da un liquidatore che tale non era più, stante l’irreversibile effetto estintivo della cancellazione.
I giudici di Cassazione, affrontando anche incidentalmente varie questioni, stabiliscono innanzitutto che il ricorso proposto dal liquidatore per conto della società cancellata è chiaramente inammissibile, in quanto notificato in nome di un soggetto non esistente. Quindi, è stato accolto il ricorso per Cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate, e la sentenza è stata cassata senza rinvio.
Poi, i giudici affermano che, se il ricorso non poteva essere proposto, la cartella (almeno in tal modo) non poteva essere emessa, in quanto intestata nei confronti di un soggetto non più esistente: ergo, tale atto non era idoneo a produrre alcun effetto.
Questa è la parte più importante della sentenza, siccome chiarisce che il provvedimento impositivo (sia esso un accertamento o una cartella di pagamento) intestato a una società cancellata dal Registro imprese non produce effetti. 
Testualmente, si afferma che “la causa, anche sul versante del potere rappresentativo della [liquidatrice, nda] rispetto a società ormai definitivamente estinta (oltre che dell’interesse a proporre impugnazione avverso un atto comunque insuscettibile di produrre alcun effetto, a ragione della già avvenuta estinzione del soggetto passivo dell’obbligazione afferente), avrebbe dovuto ritenersi insuscettibile di proposizione”. 
È una conseguenza naturale dell’estinzione il venir meno del potere di rappresentanza del liquidatore, il venir meno della successione dei soci alla società, delle azioni dei creditori insoddisfatti, rimanendo ferma la responsabilità del liquidatore per colpa, come prevede l’art. 2495 c.c. 
Allora, se è vero che il ricorso per Cassazione è stato accolto, è innegabile che tale accoglimento non può legittimare alcuna riscossione coattiva nei confronti del liquidatore. I giudici sono stati molto chiari: la cartella è priva di effetti. 
L’Agenzia delle Entrate deve, in casi del genere, notificare apposito provvedimento impositivo (si può discutere sulla tipologia di atto, che a nostro avviso dovrebbe sempre essere inquadrato nell’alveo degli avvisi di accertamento) al liquidatore o ai soci, specificando le ragioni di tale scelta, quindi la colpa del liquidatore, gli estremi della responsabilità ex art. 36 del DPR 602/73 o l’indicazione delle somme ricevute dai soci in base al bilancio finale di liquidazione (presupposto che limita la responsabilità dei soci, in ossequio a quanto disposto dall’art. 2495 c.c.). 
Se così è, non può essere messo in discussione che occorre il rispetto dei termini decadenziali per la notifica dell’atto ai soggetti responsabili, nonché della competenza territoriale (sarà competente la DP di domicilio fiscale non della società, ma del liquidatore o del socio). 
Sempre adottando la suddetta tesi, se la cancellazione avviene a processo instaurato, questo non può essere interrotto e riassunto dai soci, ma deve essere dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere, in quanto si tratta di una “morte senza eredi”. 
Fonte: Eutekne

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