Integrativa «spinta» da sconti e ritenute

Professionisti e contribuenti valutano se inviare la correttiva a favore per il 2014 entro il 30 settembre
Rettificative a favore relative al 2014 con scadenza perentoria il prossimo 30 settembre. La sentenza 13378/2016 delle Sezioni unite della Cassazione, depositata lo scorso 30 giugno (si veda il Sole 24 Ore del 1° luglio), impone, infatti, ai contribuenti che intendono utilizzare in compensazione il credito che emerge dalla dichiarazione emendata il rispetto di questo termine per correggere Unico 2015.
Superato il 30 settembre resta la lunga e perigliosa strada dell’istanza di rimborso salvo per gli errori contabili commessi dalle imprese per le quali, con la circolare n. 31/E/2013, è stata sdoganata dalle Entrate la possibilità di gestire le integrative a favore anche per i periodi d’imposta più antichi, trascinando in avanti il nuovo credito fino all’ultima dichiarazione utile per l’utilizzo in compensazione dello stesso. Perché questo sia consentito a un titolare di partita Iva e non anche al privato che ha dimenticato un onere deducibile o detraibile, resta però un mistero.
La ricognizione 
Date le premesse, quindi, è comunque opportuno procedere in questi giorni ad effettuare una ricognizione delle posizioni dei clienti vista l’assoluta convenienza della rettificativa a favore rispetto alla procedura del rimborso ordinario previsto dall’articolo 38 del Dpr 602/73. In ballo ci sono non solo i termini e le modalità di utilizzo del nuovo credito fiscale ma anche i costi tecnici delle diverse procedure possibili. L’istanza di rimborso, infatti, comporta spesso la necessità di superare il «silenzio rifiuto» coltivando una causa fiscale con costi esponenzialmente più elevati rispetto a quelli necessari per la presentazione della rettificativa a favore che peraltro permette di poter utilizzare subito e direttamente in compensazione il nuovo credito che emerge dalla dichiarazione emendata. Spesse volte, peraltro, gli errori (anche a sfavore) commessi nella dichiarazione precedente emergono proprio in occasione della raccolta della documentazione della dichiarazione successiva. Quindi è possibile che passando le carte recapitate dai clienti nel corso del 2016 relativamente al periodo d’imposta 2015 possano essere emersi elementi spendibili per il 2014.
La casistica 
Le ipotesi che più frequentemente danno origine alla necessità di emendare a proprio favore la dichiarazione originariamente presentata sono varie.
Un caso diffuso è quello che attiene al reperimento ex post di spese relative a oneri deducibili o detraibili non dedotte nell’anno di sostenimento o a quello dell’emersione del fatto che il familiare era a carico del contribuente e che quindi legittimava l’accesso alle detrazioni previste dal Tuir per i carichi di famiglia. Si pensi ad esempio al caso di coniugi, uno in regime d’impresa (titolare di partita Iva) e l’altro in regime di lavoro dipendente. La redazione della dichiarazione avvenuta con tempistiche diverse potrebbe aver generato degli errori derivanti dal mancato coordinamento fra i due modelli, derivanti dal fatto che, ad esempio, il modello del lavoratore dipendente potrebbe essere stato redatto prima rispetto a quello del coniuge in regime d’impresa il cui reddito si sia rivelato inferiore rispetto al limite previsto per essere a carico.
Altra ipotesi abbastanza diffusa è rappresentata dal rinvenimento di spese mediche relative all’annualità precedente (2014) in sede di redazione di Unico 2016. In questi casi, solitamente, è l’entità della spesa che messa in relazione con i costi amministrativi generati dall’integrativa determina la convenienza o meno a ripresentare la dichiarazione.
Nell’ambito delle partite Iva, e al di fuori delle rettificative a favore correlate all’emersione di costi non dedotti nell’esercizio di competenza, una casistica non rara che può condurre alla necessità di emendare a proprio favore la dichiarazione originaria è quella relativa alle ritenute d’acconto subite ma non scontate (si veda la grafica a lato). 
Il nodo-termini 
Resta ad ogni buon conto il fatto che sarebbe quanto mai opportuno che si assumessero le opportune iniziative legislative al fine di uniformare il termine di presentazione dell’integrativa a favore (un anno) e quello più lungo previsto per l’integrativa “a sfavore” di cui all’articolo 2, comma 8, del Dpr 322/98 (quattro anni). Del resto al question time del 28 aprile scorso (n. 5-08512 On. Pesco) in Commissione Finanze della Camera, proprio la risposta del viceministro Zanetti evidenziava più di un’apertura verso una soluzione legislativa della vicenda volta ad equiparare i due diversi termini. 
Fonte: Il sole 24 ore autore Lorenzo Pegorin Gian Paolo Ranocchi

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