Prelievi, oneri e riserve guidano la scelta per l’Iri

La convenienza dell’imposta sul reddito dell’imprenditore è in bilico se si hanno molte detrazioni da sfruttare
La nuova Iri al test di convenienza.
La scelta del regime sostitutivo di tassazione per le imprese individuali e le società di persone commerciali in contabilità ordinaria, entrato in vigore il 1° gennaio scorso, dovrà essere comunicata per la prima volta nel modello Unico 2018. Questo consentirà una valutazione comparativa a posteriori fra le due diverse forme di tassazione: quella ordinaria (Irpef) e quella fissa (Iri). 
Sotto il profilo della convenienza, comunque, è opportuno capire, quali sono i comportamenti contabili e/o fiscali da tenere sotto controllo che, possono, fin da ora, influenzare la scelta.
Il meccanismo applicativo 
Con l’Iri non si applica più il regime di trasparenza previsto dall’articolo 5 del Tuir, poiché la nuova imposta, calcolata con la stessa aliquota prevista ai fini Ires (24% dal 1° gennaio 2017), sarà applicata – con le regole proprie in tema di reddito d’impresa contenute nel capo VI del Tuir – sull’utile prodotto e non distribuito (si veda l’altro pezzo in pagina).
Ai fini previdenziali, invece, la base imponibile per il calcolo dei contributi dovuti non deve tenere conto del reddito determinato ai fini Iri, ma dell’intero imponibile conseguito dall’impresa nell’annualità di riferimento, come del resto avviene già oggi con il regime ordinario.
Le imprese in contabilità semplificata non possono usufruire della tassazione Iri, se non dopo aver optato per la contabilità ordinaria. Questo significa che già a partire dal 1° gennaio 2017, le imprese minori che intendono transitare per l’Iri dovranno nei fatti iniziare a tenere una contabilità ordinaria la cui scelta dovrà poi essere comunicata nel quadro VO della dichiarazione Iva 2018 (si veda Il Sole 24 Ore del 2 gennaio scorso). 
I parametri per la scelta 
Sotto il profilo operativo, ai fini della scelta per il regime di tassazione non saranno indifferenti:
l’entità dei prelevamenti di utili effettuati dall’imprenditore in corso d’anno; 
la modalità di gestione delle riserve contabili presenti in bilancio. 
Inoltre, in presenza di finanziamenti soci o di apporti da parte del titolare o dei collaboratori della ditta individuale, dovranno essere attentamente gestite le movimentazioni di denaro verso tali soggetti. Sotto il profilo dell’imposizione, infatti, solamente la restituzione del finanziamento/apporto continuerà a non venire tassata, mentre in caso di prelievi in conto utili la somma sarà gravata dell’Irpef in capo al percipiente secondo le ordinarie regole previste dal Tuir.
Nella scelta sul regime di tassazione molto dipenderà poi dalla presenza in bilancio di riserve disponibili costituite con utili già tassati per trasparenza negli anni precedenti. La distribuzione di queste riserve, infatti, per espressa riserva di legge, non viene ulteriormente gravata dall’Irpef in capo all’imprenditore. 
Di conseguenza, in presenza di riserve pregresse di rilevante entità potrebbe annullarsi di fatto la tassazione Irpef in capo ai soci (o al titolare) in relazione ai prelevamenti effettuati. Con il risultato, almeno per i primi periodi, di tassare gli utili al 24% interamente in capo all’impresa. Resta che, ad ogni buon conto, il regime Iri semplicemente rimanda la tassazione Irpef al momento in cui i redditi vengono prelevati. 
Si ritiene che non siano equiparabili ai prelevamenti gli utilizzi degli utili per la copertura di perdite (non risulta infatti modificato il patrimonio netto), nonché la distribuzione di eventuali riserve di capitali. 
Infine va ricoradto che l’opzione per l’Iri ha efficacia quinquennale (rinnovabile) ed è quindi particolarmente lunga. Pertanto, occorre porre attenzione specie per quelle attività che non godono di una attendibile stabilità di business.
A chi conviene 
A prima vista il sistema potrebbe sembrare sempre conveniente, specie per i soggetti con reddito elevato. Tuttavia, nostante l’aliquota fissa del 24% sia di poco superiore a quella del primo scaglione Irpef (23%), è indubitabile che nelle dichiarazioni dei redditi dei soggetti “impresa” Irpef, l’importo delle deduzioni e delle detrazioni è sempre molto elevato, per cui il fatto di dover rinunciare allo scomputo degli oneri potrebbe far pendere l’ago della bilancia a favore della tassazione ordinaria (si vedano gli esempi).
Dalle prime simulazioni pare evidente che i soggetti favoriti dalla scelta per il regime opzionale sono coloro che possiedono redditi aggiuntivi rispetto a quello d’impresa, poiché con l’Iri si limita l’effetto cumulo in dichiarazione. In questo caso, infatti, più elevato è il reddito che rimane tassato in capo all’impresa ad aliquota secca del 24% e maggiori sono i benefici per la persona fisica, considerato che eventuali deduzioni e detrazioni possono comunque essere portati a scomputo degli altri redditi posseduti. 
Fonte: Il sole 24 ore autore Mario Cerofolini - Lorenzo Pegorin - Gian Paolo Ranocchi

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